IL FAIR PLAY DEL TEMPO, DA SENECA A SHAKESPEARE

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Giusto un anno fa, nel giorno successivo del ritorno della guerra in Europa, sentivo il bisogno di richiamare in campo Seneca, anche come autore di uno straordinario concetto per la misura nel tempo, inteso come valore risultante incommensurabile, meritevole del più assoluto rispetto. Ecco, se noi continuiamo a perdere la vita, attimo dopo attimo, nel modo peggiore, quello della inazione, nella consapevolezza che … tutto il resto è noia, abbiamo come alternativa la scelta di agire per il meglio e il massimo, per quello che può portare ad ognuno di noi gratificazione con relativo onore al merito. Ecco perché la massima condanna – dopo la “damnatio memoriae” e la perdita in toto della vita, per mano propria o degli altri – è quella della sottrazione della libertà e quindi del tempo. Ecco perché la massima colpa è quella di sottrarre indebitamente vita, libertà e tempo alla collettività, intendendo per essa non soltanto quella degli umani, ma l’universo mondo che viene coinvolto. Seneca rappresentava senza mezzi termini quanto fosse già allora perversa e dannosa, senza riparo, ogni perdita del tempo, prezioso e insostituibile, carpito con frode ed ancora peggio per incuria. Ecco perché l’idea di dare tempo al tempo, di esasperare la devastante palude della burocrazia, al fine di eludere responsabilità e creare paradossali realtà virtuali ad “usum dephini” è doppiamente grave.